Transponder IFF Mark X - NATO (TR.4585)

Questo apparecchio è un transponder IFF (Identification, Friend or Foe) Mark X (TR.4585, MOD 20334) fabbricato in da A.C. Cossor Ltd negli anni Sessanta ed in uso in alcuni modelli di aeroplani militari britannici, tra cui spicca il bombardiere strategico quadrigetto Handley Page Victor, uno degli aviogetti più innovativi dell'epoca della Guerra Fredda. Di norma non colleziono apparati radio o similari ma in questo caso ho fatto un'eccezione perché l'oggetto è davvero interessante. Da notare che la parte elettronica è racchiusa in un contenitore metallico ermetico a pressione riempito verosimilmente di gas inerte (azoto). Il peso è notevole, circa 18 Kg, ed è ragionevole supporre che il transponder impieghi sia valvole che semiconduttori com' era normale all'epoca in campo militare. Il termine "transponder" è la contrazione in inglese delle parole "transmitter" e "responder", dunque significa "trasmettitore/risponditore".

Il concetto che sta alla base dell'IFF -Identification, Friend or Foe, traducibile in Identificazione Amico o Nemico- è semplice: la base a terra (un radar) invia un impulso ad una determinata frequenza radio, ed il transponder installato sull'aeroplano risponde in un modo prefissato facendo che esso venga riconosciuto come "amico". Da notare che si tratta di un metodo che non può da solo dare la certezza che un aereo che non risponde all'impulso sia nemico, in quanto esso potrebbe semplicemente avere il transponder fuori uso. Allo stesso modo, sebbene con minore probabilità, un nemico che fosse in grado di riprodurre una risposta "autentica" all'interrogazione della base di terra potrebbe trarre in inganno quest'ultima facendosi passare per amico. 

L'IFF è nato in Inghilterra alla metà degli anni Trenta con lo svilupparsi dell'aviazione militare. Le prime implementazioni non erano particolarmente sofisticate: sull'aeroplano veniva montata un'antenna a dipolo accordata sulla frequenza dell'impulso di interrogazione. Quando quest'ultimo veniva ricevuto, essa entrava in risonanza sicché l'impulso di ritorno era più forte nel caso di aeroplano amico con dipolo installato piuttosto che nemico senza dipolo (o con dipolo accordato ad una diversa frequenza). Il più grosso limite di questa prima rudimentale versione era che, se il nemico fosse venuto a conoscenza della frequenza di interrogazione (cosa non molto difficile neppure con gli strumenti dll'epoca) non solo avrebbe potuto facilmente dotare i propri aerei di antenne dipolo in tutto identiche a quelle degli "amici", ma anche, inviando per proprio conto impulsi di interrogazione (che gli aerei in volo non avevano modo di sapere da dove provenissero), stabilire la posizione degli aeroplani avversari. Comprensibilmente quindi la prima versione dell'IFF non ha trovato applicazione pratica, per la sua intrinseca vulnerabilità. Nel 1939, sempre in Inghilterra, venne realizzata la seconda versione (Mark II) basata su ricevitori rigenerativi accordati sulla frequenza della rete radar di rilevamento chiamata Chain Home. L'IFF Mark II effettivamente installato sugli aeroplani inglesi a partire dal 1940 era un miglioramento di questa seconda versione, con la capacità di accordarsi su diverse bande di frequenza radar ed un controllo automatico di guadagno (AGC) per far sì che la risposta del ricevitore rigenerativo non fosse troppo forte. Tuttavia la versione più diffusa dell'IFF, che rimase in uso sugli aeroplani alleati lungo tutto il corso della Seconda Guerra mondiale e fino alla fine degli anni Quaranta, era il Mark III che venne fabbricato in un grandissimo numero di esemplari (parecchie migliaia), tanto che alla fine della guerra parecchie unità finirono vendute sul mercato del surplus militare come componentistica radio. L'IFF Mark III era progettato per rispondere a specifici "interrogatori" ad una precisa frequenza -compresa tra 157 e 187 MHz- e temporizzazione, piuttosto che al semplice segnale radar. Le specifiche frequenze di accordo del transponder, così come il timing dei segnali di interrogazione, erano logicamente tenute segrete. I transponder IFF venivano quindi dotati di un meccanismo di auto-distruzione attivabile dal pilota in caso di emergenza, costituito da una piccola carica esplosiva che, esplodendo all'interno dell'apparecchio, deformava le cavità risonanti del ricevitore impedendo così di ricavare la frequenza di sintonizzazione dalle loro dimensioni fisiche. Pochi furono i transponder Mark III recuperati intatti da aeroplani Alleati abbattuti. In Italia, ad esempio,  l'Aviazione venne a conoscenza delle caratteristiche dell'IFF inglese nel 1942 -i Tedeschi usavano un sistema concettualmente simile (vedi: http://www.noding.com/la8ak/29a.htm, https://www.cdvandt.org/nachtfee-hypothesis.htm) benché di diversa implementazione- grazie al recupero di un'unità da un cacciabombardiere britannico precipitato in Sicilia.  L'IFF Mark III, con le sue varianti migliorative IV e V, rimase in uso fino al 1952 quando venne sostituito dalla più moderna versione Mark X che a sua volta restò in servizio per quasi un ventennio, fino al 1970 circa.

Vedi: http://members.home.nl/a.k.bouwknegt/index_bestanden/APX6.htm, http://pa0pzd.com/airforce/aaf-iff/.

Vedi: https://www.key.aero/forum/historic-aviation/3870008-help-please-mk-11-aircraft-friend-or-foe-transponder

Principio di funzionamento di un transponder IFF.

Schema a blocchi di un apparato IFF Mark X: interrogatore (a sinistra) e transponder (a destra).

L'IFF Mark X -da notare che la X non è un numerale romano ma l'abbreviazione di "experimental"- era un sistema molto più raffinato del predecessore, che prevedeva oltre alla separazione delle frequenze di interrogazione (1.030 MHz) e risposta (1.092 MHz) la capacità di rispondere ad una data serie di impulsi da parte dell'interrogatore, inviati con specifiche combinazioni di durata ed intervalli di tempo tra un impulso ed il successivo, con una successione di impulsi a sua volta codificata secondo uno schema diverso a seconda del tipo (o "modo") di interrogazione. Quest'ultima caratteristica era nota con la sigla SIF che stava per Selective Identification Feature: in origine veniva implementata con un'apparecchiatura aggiuntiva rispetto al transponder vero e proprio (vedi nella foto il connettore "CODER"). La risposta era costituita da una successione di 12 impulsi che rappresentano 3 cifre consecutive in codifica ottale. Nella modalità di interrogazione "1", o Mode 1, il transponder restituiva il modello di aeroplano oppure il tipo di missione,mentre nella modalità "2" trasmetteva il numero di identificazione del velivolo (tail code). Gli impulsi SIF durano 0,45 µs con spaziatura di 1,45 µs: un "treno" di 12 impulsi di risposta del transponder, contenente 4 cifre ottali ciascuna formata da 3 impulsi, occupa dunque 20,3 µs. Con lo sviluppo dell'aviazione civile negli anni Cinquanta il Mark X venne convertito per uso civile, con l'aggiunta di un terzo modo di identificazione che trasmetteva a terra un codice univoco a 4 cifre, oltre al "Modo C" che inviava l'altitudine dell'aereo codificata come numero a 12 bit in codice Gilham (per i dettagli tecnici vedi questo articolo: https://pdfs.semanticscholar.org/5567/2ba9b63359eb6c6e773b10b63ea17dc2c8f6.pdf).

Il transponder visto dal lato sinistro.

Vista dal lato destro con i connettori.

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